Dopo 5 anni di negoziazione, e la maratona di incontri-fiume degli ultimi giorni, è arrivato l’accordo definitivo sul TPP, il trattato di libero scambio siglato dagli Stati Uniti e da 11 Paesi del Pacifico: Giappone, Canada, Australia, Brunei, Cile, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam.
Tale intesa coinvolge il 40% dell’economia globale, e mette con le spalle al muro le sovranità nazionali: sì, perché il TPP non è altro che la versione del Pacifico del TTIP, con tanto di trattative segretissime ad alimentare sospetti circa il reale scopo della contrattazione, e di clausola ISDS a rendere le Multinazionali le vere artefici del destino di milioni di ignari cittadini.
Il TPP nasce come contromossa all’ascesa economica della Cina, ma si è palesato molto presto per la sua vera essenza: trattasi di accordo che favorisce l’ingresso delle Corporation in mercati in via di sviluppo, e di arma psicologica atta a “mettere pressione” all’Europa nell’approvazione del TTIP.
La palla passa ora agli Stati membri: per entrare in vigore, è infatti necessaria la ratifica del Congresso USA (a quanto pare molto combattuto anche all’interno degli stessi Democratici, nonostante Obama sia il primo promotore), e dei rispettivi governi degli altri 11 Paesi.
Chi saranno i veri beneficiari di tutto questo? Ovviamente sempre e soltanto lobby e multinazionali…